13 Dicembre 2007
L’articolo per Mister Helmet mi tiene impegnato per tutta la serata e mi ritrovo alle prima ore di questo giorno a comporre uno dei miei soliti articoli pseudo motociclistici che come al solito mirano a toccare ambiti meno generali ed assai più personali, ricchi di quella retorica e sarcarsmo che mai evita d’essere inopportuno.
L’Asia é come una donna dallo sguardo felino e le mani bellissime. Ti guarda maliziosa e si lascia osservare, mentre con dita affusolate e femmili ti richiama a sé. Il carnato della sua pelle é pallido come le nuvole nel deserto cinese e la sua voce ti intriga con parola inconprensibili da cui ti senti ammaliato.
Gli occhi di lei sono neri come le notti che vegliano sulle foreste indonesiane e le sue labbra invitanti, sono rosse come i sentieri polverosi che fanno della Cambogia uno dei paesi più selvaggi del mondo.
Il prologo parte con una considerazione sull’Asia che viene associata alla figura della donna. Io questa cosa la credo davvero, non la dico per ricadere sempre sul solito patetito discorso da latin lover.
E,fra un dettaglio dell’articolo (piuttosto noioso dal punto narrativo, ma interessante da quello cronologico), ci infilo anche un’altra massima.
Se la censusa me lo toglie, pazienza. La censura accorcia o distorce periodi, ma non modifica la mente degli autori. Casomai la anima.
Quando arrivo alla famosa Ayers Rock di Uluru, ho un termostato rotto ed il problema ai consumi che non sembra migliorare. Per risolvere il problema al termostato mi servono 3 giorni, ma trovo buona compagnia in un hostello di città in cui vengo corteggiato da una viaggiatrice francese di 40 anni.
E se vi siete chiesti quale sia il pease più bello in cui viaggiare, sarete felici di sapere che quel posto lo visitate ogni qual volta mettere le mani sotto gli abiti di una donna.
Scritto questo mi limito ad ultimare l’articolo con altri dettagli più e più volte ripetuti. La vera sfida dello scrittore credo sia quella di riuscire a ripetersi mille volte senza dare nell’occhio o suonare monotematico. Come se in ogni versione dello stesso fatto si dovesse restare fedeli a ciò che si dice e allo stesso tempo arricchire l’attuale versione con dettagli attendibili che non si erano messi in risalto nella versione precedente.
Finito l’articolo rileggo. Momento orgasmico per il mio ego. Come dire che se l’articolo non piacerà non importa. Mi vendo per il piacere soprattutto mio. Non solo per quello degli altri. E questo articolo mi piace già. Schietto. Sincero. Commestibile e ricco di video allegati.
Quando mi sveglio sono al telefono con una ragazza che mi chiama dal porto.
La moto é in preparazione per la messa su strada. Il container é arrivato e adesso é il momento di procurare i documenti. E’ un po’ come fosse la prima volta per me perché ho il Carnet de Passage che non avevo mai usato prima di adesso.
Vado in città per fare copie del passaporto, lista di effetti personali contenuti oltre la moto, compilare e firmare un modulo sull’importazione ed allegare l’originale del Carnet de Passage da inviare assieme a tutto il resto con una spedizione courier che arriverà la mattina dopo.
Subito dopo aver terminato la spedizione, mi reco per la terza volta all’ufficio immigrazioni con la nuova lettera che ho ricevuto dove si dice che il visto é stato APPROVATO.
Hanno fatto un macello che non voglio neanche risolvere. Mi hanno prima fatto comprare un biglietto di ritorno perché privo di certificati medici contro la tubercolosi e adesso mi approvano il visto senza che io abbia fatto nemmeno un’analisi del sangue.
La tipa seduta dietro al banco dell’immigrazione é una bellissima donna indonesiana. Spiccio due o tre frasi in bahasa e lei subito mi sorride dicendo che mi estenderà il visto di quei giorni che ho perduto nel raggiungere Auckland e mi dice che apporrà un secondo visto sul passaporto che mi permette di uscire e rientrare dalla Nuova Zelanda quante volte voglio nell’arco della validità del visto.
In ritorno verso casa di Mauro e Mio, mi chiama Andrea, uno dei lettori che mi segue da tempo. Lui scrive di me anche sul suo blog e mi invita a stare da lui finché non sistemerò le questioni moto per l’importazione.
Quando mi passa a prendere a casa di Mauro e Mio sono al telefono con John de Matteo, il CS che mi ha ospitato in gennaio 2006 in sud Korea. Io e lui, dopo la settiamana a casa sua, siamo diventati come fratelli. Risento la sua voce dopo 2 anni e mi sembra di rivedermi lì fra le strade di Seoul! Andrea parla intanto con Mauro e Mio e poi é tempo di trasferirsi a casa sua.
Abita a due passi dagli altri due e così memorizzo subito la sua casa. La sua ospitalità é genuina e sincera. Quasi mi sento in imbarazzo per così tanta accoglienza da parte di una persona mai incontrata prima. Mi mostra la casa, il letto, il bagno. Mi lascia le chiavi di casa e scappa a lavoro.
Lo ritrovo a casa in tarda serata quando sono già a tavola a bere e chiacchierare con i suoi coinquilini nella magnifca cucina che condividono al piano di sopra.
Ci sono due gatti. Un angolo computer e decide di dvd che posso guardare. C’é anche una chitarra. Una moto che Andrea mi mette a disposizione o una macchina, se ne ho bisogno. Ma per adesso, visto che di proseguire con i lavori alla moto ed anche con quelli dovuti alla ricerca della giacca CLOVER, non mi sento di andare da nessuna parte.
Solo di sedermi al pc e mettermi in pari con quello che devo ultimare su Partireper.it
Così me ne vado a letto con un gatto fra le gambe.