Gionata in viaggio, TAPPA 1: Italia - Sud Corea

Giappone: Frenare mai…

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NOTA: questo articolo è stato riesumato da un archivio web nel Luglio 2015 e postato rispettando la data originale in cui è stato scritto la prima volta. Testo trascritto senza alcuna correzione

Quando sono entrato in Sochi (Russia), avevo la sola consapevolezza del mio inalterato stato di estraneità’ a questo paese infinito. Non un dettaglio, un suggerimento o un dato che mi aiutasse a capire quanto lontana fosse la meta, se pur parziale, che mi era gia da tempo prefissato di raggiungere. Conosco solo il suo nome. Vladivostok.

Frustrante e scoraggiante poi sono i commenti dei viaggiatori casualmente trovati per strada prima di entrare in Russia. Chiedere loro come sia questa terra porta in superficie particolari sempre
incongruenti, mai necessari, sciocchi e irritanti. “Gran belle donne” dicono mimando seni abbondanti con le mani piegate all’altezza del petto. Sorrido e spero che sia l’ultima volta che mi tocchi sentire la stessa identica cosa.

L’ansia mi rende nervoso, suscettibile. Sono già in ritardo di due giorni.

Il visto partiva dal 1 di agosto, ma per problemi tecnici al ferry boat il primo giorno e l’interminabile trafile di cartacce compilate nella dogana dietro di me il secondo giorno, riesco a varcare la soglia della Russia solo il 3 di Agosto. L’idea approssimativa che ho di questa tratta si esplica in un concetto. 16.000 km in 30 giorni. Il calcolo porta facilmente alla luce un dettaglio. Dovrò’ guidare ogni giorno 650 km senza sosta. La prima buona notizia arriva in Sochi. Compro una carta dettagliatissima della Russia. C’e’ veramente tutto. Carte, distanze chilometriche. E’ perfetta.

Sedendo all’angolo di una strada seguo l’itinerario più breve che congiunge i due estremi e sommo le distanze relative. Sembrano essere 11.000 km e non 16.000, ma nella parte finale devo approssimare il calcolo per mancanza di dettagli. Sembra infatti che da Cita’ a Chabarovsk non siano definite distanze chilometriche.

In piu’ i consigli dei Giorgiani riguardo agli Urali, portano tutti sulla stessa strada. Comprare le ruote tasellate prima di arrivare sui monti e attraversarli con il treno gia’ montato. In Sochi non esistono rivenditori. Gli unici sono a Moska, ma non posso allungare la tratta fino a la.

Parto senza speranze, solo con la sensazione che mi imbatterò presto in un problema abbastanza grande da farmi vacillare.

Sono in ritardo di 3 giorni. Secondo il nuovo calcolo devo recuperare 1200 km.

Il primo giorno ne percorro la meta’ e mi rendo conto che il circolo perverso di questo programma accumula comunque 400km al di. Devo quindi riprendere il pari tirando a dritto per almeno 1000km.

Sono sveglio fin dall’alba. Alle dieci di sera, fermatomi per 30 minuti per cibarmi, sono ancora a 700km, alle 4 del mattino comincio ad avere difficolta’ alla guida e i muscoli dei glutei e l’osso sacro
mi lacerano dal dolore. Mi sdraio in un campo di grano. Senza tenda, senza sacco a pelo. Vestito dei miei abiti da moto. Non mi importa se internet dice che lungo la Taiga russa, serpenti ed orsi sono comuni, forse piu’ comuni delle stazioni di benzina.

Mi sveglio al sorgere del sole, spossato, denutrito e deconcentrato. I chilomentri che devo recuperare erano 140, adesso sono 540. Sembra un incubo. Ripristinare i miei ritmi biologici in rapporto alla guida e ai quotidiani 400km da percorrere ha richiesto 6 giorni. La moto e’ incredibilmente stabile. Le stazioni di benzina sono ovunque. Ho usato i 10 litri di taniche supplementari solo alla fine del percorso, piu’ che altro per lavare con l’aria compressa il carburatore ed il filtro del serbatoio. Riesco a trovare le ruote solo a Volgograd.

Li ci sono belle donne, dicono.

Due ruote Pirelli. Usate e ad un prezzo che non mi preoccupo nemmeno di valutare quanto sia vantaggioso. Mi servono. Pago i miei 50 dollari in cambio di un treno di gomme da sterro, una camera d’aria posteriore di riserva e una doccia e una rasatura di barba. Arrivero’ a Samara in tarda notte.

Li ci sono belle donne dicono. Vengo accompagnato dal primo byker russo che viaggia su tdm 850 fino ad una moto officina dove fuori motociclisti da super sport fanno una cena con carne al fuoco e vodka a tutto spiano. Io ottengo il posto dell’ospite speciale. MI danno da mangiare, mi presentano a tutte le persone presenti, mi fanno foto e offrono birre. E vodka. Perche no.

PAssano 10 minuti che sono gia’ ubriaco, ma contento. Senza preoccupazioni. Ricordo che mi trovavo dentro ad un’officina, dove dicono che potro’ dormire. Ci sono alcuni letti in una cuccetta costruita in alto. Quando mi sveglio sono su un letto matrimoniale nella sala di una bellissima casa tutta bianca, con quadri, acquari ed un gatto che mi dorme fra le gambe. UNa bambina di 6 anni mi spia dalla camera che sembra cosi’ lontana a causa dei miei postumi. Ricordo solo di aver vomitato seduto su un marciapiede. Scopro che un amico del meccanico mi ha preso in custodia. Ritornando alla moto tutto e’ al suo posto. Pulisco il trittico con qualche difficoltà e poco senso dell’equilibrio e saluto abbracciando tutti.

Incontro vari viaggiatori.

21 enni che dalla Svizzera se la pedaleranno fino all’india.

27 enni che dal Canada remano, sciano e pedalano per fare il giro del mondo avvalendosi solo del proprio Human power

40 enni che dal Canada se la pedalano gia’ da due anni per fare il giro del mondo.

58 enni che da canada se la pedalano per spendere la maggior parte del tempo a loro disposizione per allontanarsi dal frenetico ritmo della propria industria milionaria.

71 enni che dalla Gran Bretannia se la pedalano da una vita e sono stati ovunque, hanno preso ogni sorta di malattia locale e hanno rischiato piu’ volte di morire

77 enni che dalla Germania hanno speso la propria intera vita a visitare ogni sorta di paese nel mondo nel limitato ma sufficiente periodo estivo, quando le ferie glielo hanno permesso.

E fra questi viaggiatori, ciclisti, motociclisti, ci sono anche io.

Che a 21 anni lascio casa per un motivo personale, ma che mi avventuro lungo strade impervie nello stesso modo in cui moltissime altre persone fanno e sanno fare.. Anche meglio di me.

L’unica cosa che mi lascia al di fuori da questa grande categoria di viaggiatori e’ il budget con cui mi muovo. 200 euro al mese all inclusive sono poche anche per chi viaggia in bici e che quindi risparmia sulla benzina. Viaggio sotto la pioggia, i lampi, la nebbia, il freddo siberiano che la notte mi tiene sveglio dalle 2 alle 5, quando la temperatura del mio naso e dei miei piedi e troppo bassa per permettermi di dormire. Viaggio sotto il sole, sotto le infinite nuvole e fra queste praterie infinite.

Rischio di morire solo due volte.

La prima di notte. Piove e non ci sono luci, come del resto non ci sono linee che separano le corsie. Arrivo a 100 km orari in un punto in cui l’asfalto sparisce e si trasforma in rettangoli profondi 10 cm dove, spero, verseranno del nuovo asfalto. Intuisco il pericolo troppo tardi. Non e’ salutare frenare bruscamente con la strada bagnata. Posso solo controllare questo 400 kg che sfrecciano e che traballano ad ogni minimo imperfezione stradale. Sono teso sul manubrio. La moto scende il primo scalino e traballa. Non vedo che a 1 un metro da mio naso. Spero che la buca porti ad un tratto di cemento liscio. Invece l’orlo della fossa si fa insidioso perche’ parallelo al mio senso di marcia. Accostare la gomma allo scalino significherebbe cadere su un fianco e distruggere la moto e la mia faccia. Accumulo adrenalina e tutte le forse e invento una traiettoria che permetta alla moto di vincere l’ostacolo dello scalino senza scivolare di fianco. Tiro su il manubrio convinto che questo aiuti la moto ad impennarsi un minimo e chiudo gli occhi. Ma non cado.

La seconda capita di giorno, a 120 km orari su una tratta piacevole.Una berlina sportiva mi sfreccia accanto a 150 all’ora. E’ color turchese. La guardo per il semplice piacere di focalizzarmi su un colore piuttosto insolito. Poi vedo che qualcosa di stacca. Ma non riesco a definire subito di cosa si tratti. Quando mi accorgo che fra me e la berlina sta volteggiando in aria un lunotto posteriore che peserà 40 kg e troppo tardi per frenare. Riesco a distinguerne il perimetro rettangolare solo grazie alla guarnizione che avrebbe dovuto fissare il vetro alla macchina. L’effetto auerodinamico da al lunotto una rotazione impressionante e imprevedibile. Punta dritto sul mio casco. Mi fiondo sull’altra corsia e vedo a 30 cm del mio piede destro il vetro che si disintegra sull’asfalto. I tipi della berlina che mi fissano dall’abitacolo pietrificati. Supero e accelero. Meglio lascaire che se la vedono loro con il vetro.

Apparte poi il tentativo di 3 russi ubriachi di pestarmi di botte, sono solo riuscito a farmi derubare di alcuni oggetti. Non erano importanti. Solo la chiave s nodo del 12 e del 13 mi servivano veramente. Ma per adesso sono riuscito a lavorare alla moto anche senza di quelle.

Arrivato a Cita’, a 8000 km da sochi e 10 giorni residui allo scadere del visto, cambio le gomme e metto quelle tassellate. Gli Urali non erano altro che 3 cunette messe in fila con un asfalto identico a quello che ho trovato per tutti i kilometri fino a qui. Ma a Cita’ l’asfalto finisce. Ecco spiegato il dilemma di quei 2000 km non calcolabili sulla mia mappa. Non ci sono strade calcolate perche’ non ci sono strade. Solo un lungo, interminabile tratto di sassi e polvere che per 2000 km mi ha reso la vita impossibile. Riesco a percorrerne 600. La qualita’ della benzina lascia a desiderare, ma piu’ di questa sono le condizioni esterne che creano il vero problema. Ci sono polveri nel serbatoio, polveri nel filtro del serbatoio, polveri nel filtro dell’aria, polveri nella sede delle candele che rischiano di finire nel motore al solo tentativo di controllar e pulire gli elettrodi. Ci sono perfino polveri nella sede del tappo di rabbocco dell’olio motore. Talmete fini che soffiarle via prima di svitare il tappo, significa solo fare spazio ad altre microscopiche polveri che si sedimenteranno li nel giro di qualche secondo. Il filtro del serbatoio di ottura, la benzina non arriva e viene aspirata dal tubo del vuoto, il motore si ingolda e così rimango fermo. Il danno minore che posso fare eì pulire le candele e provare a proseguire nella speranza di trovare un garage dove operare sul carburatore a motre aperto senza rischiare di far entrare altre polveri.

Scopro che sono a 200km dall’ultimo centro abitato e a 400 dal prossimo. Chiedo aiuto e vengo scortato da un camion in un posto deve mi sia possibile intervenire. Ma scopriro’ solo li che il vano tentativo di pulire gli elettrodi ha gia’ compromesso la continuita’ del mio viaggio. Arrivo a Chabarovsk su un camion, mortificato e ansioso di mettere mano alla moto. Michiudo in un garage per 10 ore. Pulisco serbatoio, filtri serbatoio, filtro aria, filtro olio, cambio olio (la benzina era filtrata fino li), tolgo il carburatore e lo pulisco con minuziosa cura, cambio le candele, prelevo la benzina in eccesso che era dentro il tubo del vuoto e metto in moto.

Qualche fumata grassa poi la moto sgassa regolare. Per sicurezza la lavo con l’idropulitrice per eliminare ulteriori strati di polvere e rimonto le carenature. Le borse sono sfondate, i supporti in alluminio spezzati. Credevo che avrebbe ceduto prima la moto, invece hanno ceduto prima gli accessori che monto da nemmeno 8 mesi.

Arrivo a Vladivostok fiero e soddisfatto. Solo dopo il secondo giorno, la moto presenta un simpatico strato d’olio sugli elettrodi. I granelli accumulatisi dopo l’intervento alle candele fatto lungo il tratto di sterro, abradono il cilindro e deteriorano gli oil ring. Riesco a mala pena a fare 2 chilometri che la moto si ingolfa. Fumo nero dagli scarichi e imminente spegnimento del motore.

E con esso del mio stato d’animo.

Adesso la moto e’ a Takaoka city, dove rimarra’ finche’ non avro’ trovato un modo per pagare le spese di riparazione.

Penso che chiedero’ aiuto a Honda Giappone di prednere in mano il mio problema, ma le probabilita’ sono così scarse che ancora devo valutare.

Vi faro’ sapere…..

Per ogni suggerimento potete scrivermi. I cellulari qui non funzionano.

Vi abbraccio.

Gionata.

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Relativo a Gionata Nencini

Mi chiamo Gionata Nencini, toscano classe 1983 e viaggiare in moto è la mia più grande passione. Nel 2005, a 21 anni, parto per il giro del mondo con in tasca solo 2.200 euro e oggi ho uno storico di 500.000 km percorsi in solitaria attraverso 77 paesi. PARTIREper è il blog che racconta le mie esperienze e quelle della mia community.

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