Aree remote

Con area remota si definisce una regione poco frequentata, priva di centri abitati o insediamenti umani, dove la presenza di persone e il transito di veicoli sono scarsi. Le aree remote non sono quindi da confondere con delle semplici strade sterrate in mezzo alla natura. La Ruta 40 argentina, ad esempio, per quanto immersa nella steppa delle Patagonia, non la si può definire “area remota” per il semplice fatto che è una strada conosciuta ai più e attraversata regolarmente da mezzi di vario genere. Aree remote sono il Salar de Uyuni o le vette dell’altipiano, dove non esistono strade, se non piste, e dove la copertura di rete del cellulare è scarsa se non completamente assente.

Quando il tuo motoviaggio-avventura ti sospingerà a scoprire rotte alternative e ad addentrarti in aree remote, l’utilizzo del solo GPS o di una sola mappa potrebbero non essere sufficienti a fornirti tutti i punti di riferimento di cui avrai bisogno per la navigazione, proprio per evidenti limiti nel software del navigatore satellitare o nella scala della carta che utilizzerai. Pertanto, sarà utile essere in grado di utilizzare entrambi gli strumenti insieme, oltre a saper leggere la conformazione del territorio. Vediamo ora come.

Navigatore satellitare

Ciò che visualizzerai sul display del tuo navigatore satellitare è subordinato alla mappa inserita nel suo software. Se ti troverai in un’area remota priva di strade, anche se il GPS riporterà fedelmente le coordinate esatte del punto in cui ti trovi, non riuscirai a capire dove sarai, proprio perché il display potrebbe apparirti privo di “tracce”. Sul Salar de Uyuni, ad esempio, potresti visualizzare un’enorme distesa bianca, che simula il fondo cangiante della regione coperta di sale. Per ricavare qualche indizio visivo sulla tua posizione, potresti allargare lo zoom della navigazione sul display per visualizzare una porzione di territorio più grande, finché il GPS riconoscerà la presenza di qualche strada “oltre” la fine del salare. Tuttavia, ti sarà impossibile conoscere l’effettiva distanza tra te e quella strada in lontananza né tantomeno il GPS potrà calcolare l’itinerario da seguire per riportare le tue ruote sulla strada. Se sei fortunato, sul display del GPS potrebbero apparire i binari di una ferrovia che affianca proprio il punto in cui ti trovi, e allora ti basterà seguirla per recuperare il più vicino centro abitato. Ma se così non fosse, se il display continuasse ad apparire completamente privo di riferimenti, allora ti sarà necessario incrociare le informazioni sulle coordinate ricavate dal GPS con le informazione che sono riportate su una mappa.

Mappe

La prima cosa che dovrai fare quando consulterai una mappa è capire con esattezza dove sei. Le coordinate geografiche ottenute con il GPS possono aiutarti a ritrovare sulla mappa il punto in cui ti trovi. Infatti, indipendentemente dalla loro scala, tutte le mappe riportano le linee di latitudine e longitudine. Ovviamente, più la scala della mappa sarà piccola, meglio potrai orientarti, ricavando dalla carta non solo la corrispondenza tra coordinate geografiche e luogo fisico, ma anche tutti quegli elementi utili per la navigazione. Le scale utilizzate per le carte stradali riportano le strade principali e spesso anche quelle secondarie. Scale ancora più piccole possono indicarti anche strade terziarie sterrate e indicarti con precisione anche curve o tornanti. Incroci e curve sono uno dei punti di riferimento più importanti per orientarsi. Altre informazioni potrai ricavarle dalla conformazione del territorio riportato sulla mappa: eventuali insenature, golfi, corsi d’acqua o laghi, coste marine, e via dicendo.

Ci sono carte geografiche che riportano in colorazioni diverse la conformazione del territorio, indicando in bianco o marroncino le zone pianeggianti, in verde le zone collinari ricche di vegetazione e in bianco le cime delle montagne e le vette più alte. Alcune mappe riporteranno anche l’altimetria di alcuni rilievi, altre avranno addirittura le curve di livello, ovvero quelle linee che uniscono tutti i punti di uguale quota. In questo modo, se avrai con te un altimetro, potrai ottenere un ulteriore riscontro sul punto esatto in cui ti trovi. La presenza di città, villaggi, ferrovie, punti turistici riportati sulla mappa completeranno le informazioni utili al tuo orientamento.

Quando avrai capito esattamente dove sei, potrai decidere dove andare. Ecco allora che dovrai utilizzare la mappa e allo stesso tempo osservare la conformazione del territorio intorno a te, in quella che io chiamo “navigazione incrociata”.

TIPOLOGIE DI SCALA DI RAPPRESENTAZIONE

Conformazione del territorio

Se avrai con te una bussola, potrebbe essere tutto più semplice. Una volta che hai individuato il punto in cui sei e il punto in cui vuoi andare, devi capire la direzione da seguire. Ipotizziamo che sulla mappa scopri un paese a 30 km da te, in direzione nord. L’ago della bussola ti aiuterà a comprendere che direzione seguire. A quel punto, osservandolo, potresti accorgerti che l’ago indicherà una catena montuosa proprio di fronte a te. Da adesso in avanti, quello sarà il tuo riferimento e guiderai assicurandoti di avvicinarti sempre più al profilo di quelle montagne.

Quando ti muovi in aree remote, mantieni alto il tuo livello di attenzione e registra tutte le informazioni che ricaverai dal territorio. Ti saranno utili sia per verificare la reale corrispondenza tra quello che vedi e quanto è riportato dalla mappa, sia per avere dei punti di riferimento sulla strada percorsa (se dovrai tornare indietro).

La memoria visiva è fondamentale!

Personalmente facevo sempre molta attenzione al colore della strada: dal grigio di uno sterrato pietroso all’ocra delle piste fangose fino al rosso della terra più compatta. Allo stesso modo, il colore e la densità della vegetazione ai lati della strada mi aiutavano a ricordare determinati tratti di strada.

Poni attenzione a qualsiasi elemento che possa destare la tua curiosità: un corso d’acqua, una macchina abbandonata a bordo strada, una prateria che appare improvvisamente in mezzo a una regione boschiva, una curva a gomito intorno a una grossa pietra, un ponte… e via dicendo. Chi ha abilità di orienteering, potrebbe avvalersi anche del sole o delle stelle di notte. I cartelli stradali con le indicazioni dei centri abitati e della loro distanza chilometrica ti aiuteranno a ricostruire ancora meglio il tuo spostamento e a confermarti che stai andando nella giusta direzione.

Trip meter

Nelle aree remote dove non potrai servirti né dei cartelli stradali né del GPS per conoscere la reale distanza da un luogo a un altro, potrai utilizzare l’odometro della tua moto. Le moto più moderne hanno addirittura la possibilità di impostare due odometri parziali. Il primo parziale lo potrai azzerare ogni volta che farai il pieno di benzina. Conoscendo i consumi della tua moto, potrai avere in ogni momento una stima dell’autonomia che ti è rimasta. Il secondo parziale potrai azzerarlo all’inizio di una nuova tappa, per verificare la distanza percorsa e avere così un altro elemento per la navigazione incrociata.

Sopravvivenza

Conoscere l’autonomia della propria moto, insieme alla certezza di avere una propria autonomia per quanto riguarda cibo e acqua è fondamentale quando ci si avventura in aree remote. Potrai così fronteggiare meglio un errore di strada che allungherà inevitabilmente la tua rotta o sopravvivere a un guasto alla moto che potrebbe costringerti a rimanere lontano dai centri abitati per ore o anche per una giornata intera.

Bolivia 2012. Avventura in moto é anche perdersi sull’altipiano a 3.500 m.s.l.m. e quando pensi che non potrebbe andarti peggio, bruciare la frizione!

Ecco cosa mi capitò in Bolivia. Io e la mia compagna ci trovavamo nel Salare di Chiguana (3.650 m.s.l.m.) e stavamo ritornando verso il Cile. Lì, alcune persone del luogo ci assicurarono che i 70 km del salare era percorribili anche in moto e che quindi il rischio di insabbiature non sussisteva. Decidemmo di avventurarci lasciando alla nostra sinistra e alla nostra destra le due strade principali e ci dirigemmo verso Avaroa, dove si trovava la frontiera con il Cile. Effettivamente, nei primi chilometri verificammo che il fondo era ben compatto. Tuttavia, sempre mantenendo la ferrovia a vista, decidemmo di avventurarci un po’ più all’interno per goderci un tratto meno battuto. A un certo punto, il terreno cambiò consistenza, divenendo sempre più friabile, e la mia Transalp finì per insabbiarsi. Lei scese dalla moto e mi aiutò a spingere il mezzo, mentre io, accelerando a più riprese, cercavo di venirne fuori. Finché bruciammo la frizione. A quel punto era chiaro che la moto era fuori uso e che avremmo dovuto cercare qualcuno che ci aiutasse a tirarla fuori di lì, caricarla e portarla alla prima officina.

Non avevamo GPS, perciò ci orientammo solo consultando la mappa e osservando i rilievi geografici intorno a noi. Stimammo di trovarci a circa 20 km dalla dogana di Avaroa, e a circa 35 km dall’ultimo e più vicino centro abitato che avevamo lasciato dietro di noi. Tuttavia, avevo notato che si trattava solo di uno scarno gruppo di case, per lo più vecchie, alcune anche disabitate. Non vi avremmo trovato alcun aiuto. Perciò decidemmo di percorrere a piedi la distanza che ci divideva dalla frontiera. Prendemmo con noi la borsa serbatoio della moto con tutti i documenti, il cellulare, una scorta d’acqua e delle felpe per la notte. Dopo circa 4 ore di cammino, ci accorgemmo che il cellulare cominciava a prendere il segnale della rete cilena e riuscimmo a metterci in contatto con i carabineros della frontiera e a indicare la nostra posizione.

In dogana, il funzionario boliviano disse che non poteva aiutarci, perché era sprovvisto di un mezzo idoneo per caricare la moto, mentre i poliziotti cileni non avrebbero potuto entrare in suolo straniero. Pagammo quindi un contadino locale, che aveva un fuoristrada pick-up, e con lui tornammo verso il luogo dell’avaria. Caricammo la moto e la riportammo in dogana. Il doganiere ci lasciò dormire in caserma e il giorno dopo un paio di poliziotti ci accompagnarono in città, dove trovammo un negozio di ricambi. E così ce la cavammo anche quella volta!

EQUIPAGGIAMENTO DI SOPRAVVIVENZA

L’esperienza che mi capitò in Bolivia dimostra che quando la moto è in panne, è meglio lasciarla dove si trova e mettersi in cammino alla ricerca di aiuto. Ovviamente, prima di lasciare il tuo mezzo incustodito, assicurati che tutto l’equipaggiamento che abbandonerai con la moto sia sotto chiave. Tieni con te tutti i documenti, le borse che non puoi chiudere (come la borsa serbatoio) e tutto ciò che ti servirà per sopravvivere. Ecco un elenco di ciò che potresti portare:

  • acqua;
  • cibo;
  • una torcia:
  • il cellulare con l’elenco dei numeri di emergenza (camminando, potresti recuperare il segnale di un operatore di rete);
  • abbigliamento per il freddo della notte (eventualmente anche una coperta o un foglio d’alluminio);
  • un accendino (per accendere il fuoco);
  • la mappa del luogo (e la bussola);
  • “buon senso”: mantieni la calma e prima di fare qualsiasi operazione, valutane i reali benefici, i rischi e le conseguenze.

Ovviamente, prima di lasciare la moto, osserva bene il luogo in cui si trova e raccogli più informazioni che puoi per offrire a chi ti soccorrerà le migliori indicazioni possibili per individuare il punto esatto.

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Chiedere informazioni alla popolazione autoctona

Quando GPS, cartina e conformazione del territorio non bastano a confermarti con sicurezza la direzione che devi seguire, puoi sempre ricorrere alle persone del luogo. Come abbiamo già visto, chiedere informazioni è un’opportunità anche per interagire con gli autoctoni, per immergerti nel tessuto più vero di un paese e per scoprire una serie di informazioni, dettagli e peculiarità di una regione che né mappa né GPS potrebbero darti. Questo vale soprattutto se non stai cercando solo la strada più sicura per raggiungere una determinata città, ma anche un luogo dove mangiare o dove dormire, un atm o una stazione di rifornimento.

Chiedere informazioni non è però sempre così immediato. In alcune culture il motoviaggiatore potrebbe suscitare un certo pudore, ragione per cui alcune persone eviteranno di rispondervi o sfuggiranno le vostre richieste. Altre volte ci si metterà di mezzo anche la lingua, altre ancora ti troverai di fronte a culture le cui “convenzioni” sono molto diverse dalle nostre, e allora potresti trovarti in difficoltà nel decifrare le informazioni che riceverai e dovrai “interpretarle” non proprio alla lettera, ma con la consapevolezza di quelli che sono gli standard del posto. Per farti un esempio: ci sono paesi in cui le distanze non si esprimono in chilometri, ma si indicano nel tempo necessario a raggiungerle. E allora come decifrare i “40 minuti” che ti ha indicato il contadino e convertirli in “chilometri” per la moto?

Ricordo di quella volta in cui mi trovavo a Urubamba, in Perù, e chiesi a una ragazza se potesse indicarmi la strada per raggiungere l’ingresso di un parco. Lei indicò con il braccio un punto in lontananza e mi disse: «Cinque minuti.»

Così montai sulla moto, consapevole che se fossero stati cinque minuti a piedi, in moto vi sarei arrivato molto prima. Tuttavia, non trovai il posto nemmeno dopo cinque minuti di moto, e quando compresi che dovevo avere interpretato male l’indicazione, decisi di tornare indietro e chiedere nuovamente delucidazioni alla ragazza. A quel punto, lei mi accompagnò e mi indicò la via che costeggiava l’edifico davanti al quale l’avevo trovata.

«Vuoi dirmi che dovevo semplicemente girare l’angolo del palazzo?», le domandai. Lei sorrise, imbarazzata, ma realizzò quanto me che la sua stima spazio-temporale era stava davvero… approssimativa. Riflettendoci a posteriori, compresi il nostro fraintendimento: io volevo sapere a che distanza si trovava lo svincolo, e lei me lo aveva indicato, ma poi mi aveva riferito il tempo necessario per arrivare alla mia destinazione.

Cambogia 2006. Chiedere informazioni alle famiglie cambogiane può aprire una finestra su un mondo mai visto prima e che avresti potuto conoscere solo in moto.

In alcuni paesi, invece, ti accorgerai che certe persone non sapranno distinguere la sinistra dalla destra, e per darti le indicazioni ti suggeriranno una specie di mappa labirintica, del tipo: «Vai di qui, poi al semaforo gira di qua, poi all’incrocio gira di lì», accompagnando le loro parole con i gesti delle braccia che, di volta in volta, indicheranno la direzione, senza mai però chiamarla “destra” o “sinistra”. Di fronte a certe situazioni, non perdere la pazienza, ma cerca sempre di contestualizzare tutto alla luce della cultura in cui ti trovi.

Ricorda di non suggerire involontariamente la risposta al tuo interlocutore con la tua stessa domanda, nella speranza di facilitarti le cose. Anziché chiedere «Signore per andare verso Abancay devo prendere per di qua giusto?» rischiando di offrire terreno per una risposta non certa, chiedi semplicemente dove è la tua destinazione (se sei in prossimità di un bivio) o pronuncia il nome del paesello che cerchi: «Signore scusi, per andare verso Abancay?»

Altre volte potrebbe capitarti che, se una persona non saprà la strada da indicarti, invece che ammettere la sua ignoranza ti indicherà comunque una qualche direzione, piuttosto che non dirti niente, al fine di non apparire scortese nei tuoi confronti. Per capire se quella persona è davvero sicura di ciò che ti sta dicendo, osservala attentamente e cerca di comprendere se la sua gestualità, il tono della sua voce e il suo atteggiamento ti trasmettono sicurezza e competenza oppure no. Chiedi poi la stessa indicazione a più persone, verificando quanti tra di loro ti daranno una risposta univoca.

Se dovrai chiedere indicazioni a qualcuno che non parla la tua stessa lingua, evita di chiedere informazioni troppo dettagliate. Aiutarsi con i gesti funziona sempre, mentre mostrare la mappa non è la soluzione più ovvia: sovente mi è capitato, nelle realtà più rurali, di sottoporre la mia cartina geografica a persone prive di scolarizzazione che non sapevano come leggerla e che, anche se avessero saputo farlo, probabilmente non avrebbero saputo dirmi quale città si trovava a più di cento chilometri dal loro villaggio, per il fatto che non avevano mai viaggiato al di fuori della loro piccola regione.

Inoltre, la premura di certe persone, incentivata da un pizzico di ignoranza sulle potenzialità della tua moto, potrebbe scoraggiarti. Alla richiesta di: «Scusi, come arrivo a…?», potresti avere in risposta un melodrammatico: «Nooooooo amico, troppo lontano, lontanissimo. La strada è orribile, piena di buche, meglio se prendi la strada normale». E poi renderti conto che erano solo 50 km di strada sterrata non adatta ai veicoli a quattro ruote, ma bellissima da fare in moto.

Guidare in gruppo

Quando si viaggia in gruppo, è bene tenere in considerazione alcune regole base che aiutano la navigazione, innalzano la sicurezza di tutti i motociclisti e permettono di risparmiare tempo prezioso.
Prima di partire, è bene che ogni componente del gruppo abbia ben chiare le regole e sia disposto a seguirle senza discutere, ricordandosi che non sta viaggiando da solo, ma con altre persone: le proprie esigenze andranno quindi subordinate alle dinamiche del gruppo.

  • Regola numero 1. Assicurarsi di vedere sempre nel proprio specchietto retrovisore il compagno che ci segue. Se ti capiterà di perderlo, rallenta l’andatura per qualche chilometro, e se ciò non basta a fartelo ritrovare, fermati e aspettalo. Potrebbe darsi che si sia fermato solo a fare una foto o che si sia attardato per via di un semaforo rosso. Se, nonostante l’attesa, il compagno non arriva e non avrai possibilità di metterti in contatto con lui tramite cellulare o interfono, non puoi fare altro che avvisare gli altri e ripercorrere a ritroso la strada appena fatta, e andandogli incontro. La speranza è quella di ritrovarlo prima di qualche incrocio. Se per caso il tuo amico avesse preso la svolta sbagliata, allora tutto si complicherebbe. A volte, ci si ritrova anche dopo due ore di “caccia al tesoro”: tu torni all’incrocio e prendi una direzione, lui nel frattempo sopraggiunge allo stesso incrocio e ne prende un’altra: e così ci si rincorre percorrendo sempre strade diverse.
  • Regola numero 2. Utilizzare il “cornerman”. Più che una regola, questo è un suggerimento molto utile per ridurre il rischio di imboccare la direzione sbagliata in prossimità di rotonde, bivi e incroci. Il “cornerman” è quel motociclista che, solitamente, sta in seconda posizione, dietro al capogruppo che guiderà la navigazione. Ogni qualvolta si dovrà svoltare a sinistra piuttosto che a destra, il capogruppo indicherà con un cenno della mano al “cornerman” di fermarsi in quel punto e di indicare a sua volta ai motociclisti che seguono la giusta direzione da prendere. In questo modo, anche se il gruppo sarà spezzato e i motociclisti in coda non hanno visto dove hanno girato gli altri compagni di viaggio, il cornerman indicherà il flusso da seguire. Il cornerman si dovrà riaccodare al gruppo quando l’ultimo motociclista sarà passato. Questo implica da parte sua una certa pazienza, perché significa che a volte dovrà aspettare anche qualche minuto.
  • Regola numero 3. Ciascuno vada al proprio ritmo, senza esagerare, consapevole delle proprie abilità e dei propri limiti, perché quando si prova a oltrepassarli è più facile causare incidenti. Per lo stesso motivo, chi è meno abile alla guida dovrebbe stare nelle prime posizioni del gruppo, e dettare l’andatura da mantenere. Certo, per i più bravi questo può essere tediante, ma ti ricordo che nella guida in gruppo le ambizioni del singolo non possono prevalere. O scegli di stare in gruppo, oppure decidi di viaggiare da solo.
  • Regola numero 4. In alcune occasioni, perdersi sarà inevitabile, perciò è bene stabilire a priori dei check point sul percorso, dove ci si ritroverà in caso di smarrimento di uno dei componenti del gruppo. Di solito si prende come punto di riferimento l’ultimo punto di sosta in cui si era tutti insieme. Certo, questa opzione potrebbe far perdere comunque molto tempo se dall’ultima sosta al momento in cui ci si accorge di non essere compatti è passata un’ora o più di guida e si sono già percorse parecchie decine di chilometri.
  • Regola numero 5. Scambiarsi i relativi numeri di telefono prima della partenza, in modo tale che tutti i componenti del gruppo abbiamo i riferimenti dei propri compagni. Anche se ci si troverà all’estero e non ci si potrà chiamare, si potrà sempre sfruttare il Wi-Fi delle stazioni di servizio per mandarsi un messaggio su WhatsApp.

Ovvio è che la soluzione migliore sarebbe dotarsi di un sistema di comunicazione costante come quello garantito dall’interfono. Se il gruppo è composto da quattro moto, il già citato interfono da off-road permette a tutti di rimanere connessi fino a una distanza di 1,3 km.