Considerando che almeno un quarto delle strade che ho percorso non erano asfaltate, posso stimare di aver guidato per circa 50.000 km off-road. Secondo il comune sentire, ho affrontato alcuni dei tratti più impegnativi: la Transiberiana, il tratto dalla Patagonia alla Terra del Fuoco, il Cammino della Morte sull’altipiano boliviano, gli sterrati sulle Ande peruviane amazzoniche, i deserti australiani del Nord e le giungle indocinesi di Laos, Cambogia e Indonesia, senza dimenticare i tratti affrontati nei mesi inverali e coperti di neve o ghiaccio.

Ma il dettaglio più curioso è che prima della mia partenza la mia esperienza di guida off-road era pressoché nulla. Ad eccezione del brecciolino pianeggiante che si può incontrare su alcune colline della mia Toscana, avevo sempre portato la moto su asfalto.

È possibile, dunque, che un motoviaggiatore alle prime armi si lanci in un’avventura tanto lunga e che preveda ogni tipo di fondo stradale?

Sì, è possibile. Non avere determinate competenze su una qualche specifica abilità non è un motivo per desistere dal tuo obiettivo. Perché tutto quello che non sai fare lo puoi imparare.

Se ti munirai della pazienza necessaria, potrai prendere confidenza con i terreni più impervi affrontandoli dapprima con il tuo ritmo, senza esagerare, e poi aumentando gradualmente l’andatura, a mano a mano che guadagnerai confidenza col mezzo. Tutto sta nel comprendere i propri limiti e nel non esagerare, nel mettersi alla prova ma sempre in modo responsabile.

Di seguito, userò la mia esperienza da autodidatta per darti qualche consiglio, non necessariamente tecnico, ma comunque utile.

SALITE E DISCESE

Guidare la moto in fuoristrada è soprattutto una questione di distribuzione del peso. Il pilota, alzandosi in piedi o sedendosi in posizione arretrata sulla sella, inclinando il busto da una parte piuttosto che dall’altra, asseconda e corregge i movimenti del proprio mezzo in base alla traiettoria che vuole seguire, sempre consapevole dell’aderenza delle gomme e del comportamento della moto.

In salita, per esempio, si può “aiutare” la moto alzandosi in piedi sulle pedaline e sporgendo il busto un poco in avanti, per evitare che la moto si cappotti all’indietro (specie se la salita è molto ripida). La posizione in piedi, spingendo sui pedali, aiuta anche a caricare il posteriore e a mantenere buona l’aderenza.

In discesa, invece, accade il contrario. Ci si siede il più arretrarti possibili sulla sella della moto, con le braccia quasi distese. Non si dà gas e si utilizza una marcia bassa (verosimilmente la stessa marcia che si userebbe per affrontare la stessa pendenza in salita) e si sfrutta tutto l’effetto frenante del freno motore.

Bagnato

Lo spazio di frenata si allunga e l’aderenza degli pneumatici diminuisce. Riduci l’andatura del 30% e aumenta la distanza di sicurezza dal veicolo che ti precede, per assicurarti tutto il tempo necessario per effettuare una frenata improvvisa o un cambio di direzione.

La diminuzione dell’aderenza sul bagnato dipende molto dal tipo di gomme che monta la tua moto. Le gomme tassellate con vocazione prevalentemente off-road soffriranno molto più delle gomme dedicate a un uso stradale.

La pioggia, inoltre, riduce la visibilità. Cerca di non trovarti dietro a veicoli troppo voluminosi (tir, furgoni, pullman): superali appena puoi, altrimenti mantieni la dovuta distanza di sicurezza. Accendi anche le luci fendinebbia o le luci di profondità, se la tua moto ne dispone.

Cerca di renderti il più visibile possibile, utilizzando un abbigliamento fluo o provvisto di materiale riflettente.

Nebbia

Ecuador 2013. Cosa c’é di meglio di un sentiero secondario in ricoperto dal fango e avvolto dalla nebbia!? Meglio andare adagio in queste circostanze.

Valgono gli stessi accorgimenti per la guida sul bagnato. L’elevato tasso di umidità dovuto alla nebbia potrebbe appannare la visiera del tuo casco. Assicurati di mantenerla sempre pulita, eventualmente strofinandoci sopra il dorso del guanto.

Modera la velocità in base alla visibilità. In Colombia, durante una giornata di nebbia, guidavo a un’andatura più sostenuta di quella che mi avrebbe consentito l’effettivo campo visivo davanti e intorno a me, e a un certo punto mi trovai di fronte a una curva a gomito, laddove credevo la strada proseguisse rettilinea. Riuscii a correggere a fatica la traiettoria, ma proprio quando entrai in curva vidi che in mezzo alla carreggiata c’era un uomo a cavallo. Dovetti inchiodare all’improvviso per non andargli addosso, e alla fine caddi per terra. Prudenza, quindi. E non fidarti di ciò che non vedi.

Notte

Turchia 2016. Adoro la guida notturna, da sempre. Ma dal 2016 ho cominciato ad appassionarmi ai fari e ai faretti supplementari full led. Da allora adoro la guida notturna ancora di più.

La guida notturna o la si ama, o la si odia. Per molti (me compreso) è qualcosa di affascinante. Vi ritrovo un clima di pace, privo di traffico e di rumore. Inoltre la mancanza di luce crea un clima di maggiore intimità con la moto. Di notte ho percorso tanti chilometri. Poiché effettivamente il rischio di non essere visibili è maggiore, per una guida notturna le luci di profondità supplementari sono praticamente d’obbligo per vedere e farsi vedere. Per una maggiore sicurezza, puoi applicare sulla tua moto degli adesivi catarifrangenti e utilizzare un abbigliamento con materiali riflettenti. Per migliorare la tua vista, potresti adottare delle visiere gialle che esaltano i contrasti dei colori al buio.

Sterrato

Il mio primo vero sterrato lo incontrai sui 2.200 km del tratto di Transiberiana che porta da Chita a Khabarovsk. Qui trovai uno sterrato molto pietroso e allo stesso tempo friabile. La moto si infossava tra le pietre, laddove erano poste molto distanti tra loro. Iniziai guidando molto lentamente, procedevo a una velocità tra i 20 e i 30 km/h.

Ogni volta che la moto perdeva attrito per via dei sobbalzi tra le pietre, mi era richiesto un gran lavoro di braccia per rimanere in equilibrio. Il vantaggio fu che mi trovavo su una tratta dritta. Così, non appena presi un po’ di confidenza, aumentai un poco la velocità, sino ai 70 km/h. A quel punto capii che con un’andatura più sostenuta diventava più facile mantenere la moto in equilibrio, proprio perché l’attrito della ghiaia veniva ridotto e la moto, al posto che sobbalzare, era come se fluttuasse a destra e a sinistra, ma non più con quegli scatti bruschi che percepivo all’inizio.

Poi arrivò la volta di capire come impostare le curve. L’aderenza ridotta delle gomme mi invitò a non eccedere nell’angolo di piega, così come invece avviene per la guida su strada. Anzi, compresi che il peso, invece che posto all’interno della curva, andava portato all’infuori, caricandolo sulla pedalina esterna e mantenendo il busto perpendicolare al terreno. Per una questione di sicurezza, staccavo il piede interno dalla pedalina e con la gamba quasi dritta cercavo il fulcro della curva: in caso di slittamento, sarei stato pronto a rimettermi in equilibrio.

Islanda 2017. Alcuni sterrati diventano più facili da guidare se sono leggermente umidi e friabili. Uno di questi è lo sterrato islandese dell’entroterra.

Per garantire alle gomme il massimo attrito possibile, capii che era bene utilizzare una marcia più bassa e mantenere il motore sempre in trazione. I motociclisti enduristi, infatti, tengono aperto un filo di gas anche in curva. L’esperienza mi ha poi insegnato a moderare ogni cambio di velocità, sia in accelerazione, sia in frenata. Il freno va usato solo all’occorrenza, e quando è possibile è bene rallentare utilizzando il freno motore: basta scalare una marcia per ridurre la velocità del mezzo.

Verificherai tu stesso che la moto sullo sterrato subisce inevitabilmente sobbalzi e scarti a destra e sinistra e assume comportamenti e movimenti estranei alla fluidità con cui sei abituato a viaggiare sull’asfalto. Per i neofiti, ciò costituisce la prima causa di preoccupazione e di caduta sullo sterrato. Di fronte a un comportamento anomalo della moto, il neofita si irrigidisce, frena inchiodando e cade. Il segreto è tenere sempre una traiettoria molto chiara e una velocità consona alla propria esperienza, evitare le sterzate brusche e le accelerate e le frenate eccessive.

Se dovrai usare i freni in tratti sterrati rettilinei, utilizza per il 70% quello anteriore e per il 30% quello posteriore; se dovrai frenare in curva, utilizza invece il solo freno posteriore, “pelandolo” a intermittenza.

Ogni manuale tecnico di guida off-road suggerisce di guidare la moto in piedi. Così si abbassa il baricentro della moto e le si dà maggiore stabilità. I più bravi lo fanno e lo consigliano. Sinceramente io non l’ho mai fatto se non in presenza di dossi, dove l’escursione degli steli delle forcelle anteriori e delle sospensioni posteriori viene sollecitata e il peso del pilota aggiungerebbe carico e stress alla moto. In generale, preferisco sentire il contatto della ruota posteriore con il terreno, perciò siedo semplicemente in posizione leggermente più arretrata sulla sella. Inoltre, guidando in piedi percepisco una ridotta sensibilità sui pedali di cambio e freno posteriore, perciò non mi trovo a mio agio. Ma qui è questione di stile personale. Anche tu, con un po’ di pratica, troverai il tuo.

Un’ultima nota: se la tua moto è provvista di ABS, ricordati di disattivarlo prima di affrontare ogni tratto off-road. Su molti modelli questa operazione è possibile con un pulsante sul manubrio, in altre dovrai trovare il modo di mandare in errore l’ABS per causarne la disattivazione momentanea.

E se, nonostante tutto, cadrai con la moto, puoi guardare questo video per imparare a sollevarla da terra.

Sabbia

Australia 2007. Infilarsi nei sentieri sabbiosi australiani (direzione Cape York) con la moto a pieno carico e delle gomme dual-sport è la giusta opportunità per imparare a guidare su sabbia!

In Australia ho poi provato la sabbia, e ho capito subito che era tutta un’altra cosa. Sgonfiai subito le ruote, per aumentare la superficie d’appoggio degli pneumatici. La sabbia non perdona. Se ti fermi e non sai come ripartire, sono guai. Guidare su una pista sabbiosa è come sciare sulla neve fresca. Serve tecnica, non forza.

Poiché la sabbia ha una forza d’attrito molto elevata, è necessario mantenere una velocità tale da vincere questo attrito per permettere alla moto di “galleggiarvi”, invece che sprofondarci. Purtroppo non avrai molte alternative. Non potrai scegliere se andare piano, ma sarai “obbligato” a procedere alla giusta velocità.

Sulle sabbie australiane la mia velocità di marcia era intorno ai 35-40 km/h (e ti posso assicurare che per una Transalp a pieno carico con gomme 40% off non è poco!). Sotto quella velocità, mantenere la moto in piedi è fisicamente impossibile.

Guidando sulla sabbia, capii che il peso andava distribuito sulla ruota posteriore, per lasciare il più leggero possibile la ruota anteriore, permettendole di fluttuare sulla sabbia.

Sulla sabbia dimenticati i freni. Azionandoli, la moto scaricherà il proprio peso sull’anteriore, insabbiandosi. Se dovrai frenare, chiudi semplicemente il gas, lasciando che la moto plani per inerzia sulla sabbia.

Se la moto dovesse insabbiarsi, parti dando molto gas, in modo tale da vincere l’attrito, e aiutati con i piedi per mantenere dritta la moto.

Corrugazioni

Bolivia 2012. Le corrugazioni, quando sono così visibili ad occhio, sono anche molto intense sui glutei e sulla moto. Se oltre questo tratto non si è rotto niente, hai equipaggiato bene la tua moto!

Per corrugazioni si intendono quegli affossamenti che si creano su una strada a seguito del continuo e ripetuto passaggio di veicoli, il cui peso lascia solchi ben evidenti. Si formano soprattutto in presenza di pioggia o su una strada bagnata e permangono anche dopo che la strada si è asciugata. Su un terreno secco, la corrugazione è talmente compatta che trasmette vibrazioni molto forti alla moto con il rischio di causare danni anche ingenti ai suoi componenti. I vari bulloni e tutto ciò che è avvitato può allentarsi; i telaietti portavaligie, le parti in plastica e i componenti in metallo saldati possono rompersi o spezzarsi. Le corrugazioni sono il test migliore per verificare la qualità costruttiva di una moto. E anche le moto di migliore fattura avranno bisogno di un controllo (soprattutto al serraggio di dadi e viti) al termine di una tappa su tali terreni.

Come si affrontano le corrugazioni? Si hanno due possibilità. La prima è quella di cercare i punti più alti della strada: il centro della carreggiata o i margini a bordo. Tuttavia, il centro è sovente pieno di detriti o di erbacce o di avvallamenti difficoltosi per le ruote della moto; mentre il margine della strada potrebbe essere la soluzione migliore, a patto che non sia troppo stretto o ostacolato da radici, pietre o pozze d’acqua.

In alternativa, si potrebbe procedere proprio sulla corrugazione, mantenendo la più alta velocità possibile, in modo tale da far “saltare” la moto sui vari avvallamenti della strada, senza finirci dentro. Maggiore è la velocità che riuscirai a mantenere, minori saranno i sobbalzi che percepirai. Tuttavia, poiché entrambe le ruote non saranno mai perfettamente aderenti al terreno, l’attrito sarà ridotto, soprattutto in curva, dove è richiesta maggiore aderenza. Cerca quindi di adoperare la stessa tecnica che abbiamo visto per lo sterrato: in prossimità di una curva, rallenta dolcemente scalando la marcia e recupera trazione con un filo di gas.

Fango

Laos 2006. Questo fantastico tratto fangoso in Laos ha spesso avuto la meglio sul battistrada consumato delle mie ruote da cross. Se il ritmo è blando, le cadute sono solo un pretesto per farsi qualche risata.

La difficoltà dell’attraversamento di una pista infangata dipende molto dal tipo di pneumatici montati.

Pneumatici poco dentati accumuleranno velocemente il fango all’interno del battistrada, riducendone presto il grip e rendendolo scivoloso. In Patagonia mi capitò più volte di perdere totalmente l’aderenza degli pneumatici e di trovarmi con la moto che si girava su se stessa. Il trucco è quello di cercare di mantenere le gomme il più possibile pulite, sfruttando le pozze superficiali che si possono attraversare senza problemi per “lavarle”.

Se la pozza è lunga e non si riesce a vedere il fondo, invece, è sconsigliabile attraversarla a grande velocità. Non si sa mai cosa possa nascondere né quanto densa sia la melma.

Sii pronto a mettere i piedi a terra in ogni momento, per correggere la direzione della moto, che potrebbe derapare all’improvviso. Privilegia sempre le zone di fango che ti permettono di percepirne la densità.

Neve e ghiaccio

Romania 2016. La sera prima c’erano temperature piacevoli, ma al mio risveglio la Transafagarasan mi ha sorpreso con una nevicata che mi ha costretto a cambiare la mia rotta per Bucarest.

Per prima cosa, su neve e ghiaccio bisogna dotarsi di appositi strumenti per migliorare l’aderenza – pressoché nulla – delle gomme. Solo se si dispongono delle gomme tassellate, la prima possibilità è quella di utilizzare degli studs: sono delle piccole punte metalliche che presentano una parte filettata di lunghezza variabile (da 8 a 17 mm) che va avvitata interamente sulla gomma, in prossimità dei suoi tasselli, onde evitare di arrivare a toccare la camera d’aria o di forare il tubeless. Sono molto efficienti, ma hanno un costo proibitivo e ne servono almeno 50 per gomma, da montare uno ad uno, avvitandoli con un cacciavite speciale. L’operazione può richiedere fino a due ore di tempo.

La seconda opzione è quella di utilizzare delle fascette elettriche (quelle usate dagli elettricisti) che si affrancano al cerchio senza danneggiarlo. Consentono una buona aderenza sul ghiaccio e sono facili da montare e smontare.

La terza alternativa è quella di costruire in casa delle catene da neve. È la soluzione temporanea più stabile, affidabile e leggera. Serve una catena in acciaio inox, ventotto anelli in acciaio armonico, e almeno 7 strisce di velcro per gomma, da applicare intorno allo pneumatico e al suo cerchio. Il costo del materiale è inferiore ai 50 euro. Si costruiscono in un paio d’ore e si montano in un paio di minuti.

Su neve e ghiaccio si guida sempre con marce ridotte e si compiono traiettorie molto limitate. Se dovrai girare, imposta la traiettoria della curva molto prima, tieni il piede interno alla curva giù dalla pedalina e imposta una velocità adeguata. Valuta ogni ostacolo davanti a te con largo anticipo e, se devi frenare, gioca il più possibile con l’inerzia della moto. Se ti fermi o freni di colpo, rischi di cadere.

Guadi

Anche se lo specchio d’acqua che stai per attraversare è limpido e ti permetterà di notarne il fondale, è sempre bene non fidarti. A causa della rifrazione, la percezione di profondità e consistenza potrebbe essere falsata.

Personalmente preferivo un paio di stivali e di pantaloni bagnati piuttosto che una moto affondata, perciò ogni volta che mi sono trovato di fronte a un guado da superare, ho preferito lasciare la moto sull’argine della riva ed entrare in acqua a piedi, perlustrandone il fondale. A quel punto, cercavo di individuare il punto meno profondo e più pulito dove mettere le gomme e memorizzavo un’ipotetica traiettoria da mantenere. Memorizzata la traiettoria, ero pronto per ritornare alla moto e guidarlo.

Percorri i guadi a marce basse (a volte è sufficiente la prima) e gioca di potenza. Se il guado è regolare, ti basterà mantenere una velocità costante, con il motore sempre in trazione. Aspettati qualche scatto da parte delle ruote sui sassi bagnati e particolarmente scivolosi.

MANUALE DEL MOTOVIAGGIATORE

Questa pagina é tratta dalla vecchia edizione del libro “Manuale del Motoviaggiatore“.

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E SE LA MOTO CADE IN ACQUA?

Come fare se nell’attraversamento di un guado la moto cade in acqua e il motore affoga? Se la moto cade con il motore acceso, potrebbe essere la fine del tuo viaggio. L’acqua, infatti, verrebbe aspirata all’interno del finale di scarico, del serbatoio, del filtro dell’aria, del carburatore, dei cilindri e di tutte le altre parti interne. Se quindi la moto è immersa troppo in profondità o peggio cade dentro un corso d’acqua, è il caso di spingerla fuori e procedere a farla drenare, con tanto di smontaggio e svuotamento di tutte quelle parti che abbiamo appena elencato. È un lavoro di ripristino piuttosto lungo, ma necessario per evitare danni assai più gravi ed irreparabili. Alla luce di questo, mi rendo conto che nel 2006, in Cambogia, la buona sorte mi venne incontro.

Quell’anno, il Mekong straripò a causa delle incessanti piogge monsoniche. Nel punto in cui mi trovavo con la moto, non era possibile passare se non aspettando che il flusso dell’acqua si abbassasse. Dopo un paio d’ore, decisi di trasportare i miei bagagli sull’altro lato del corso d’acqua, posizionare il tre piedi, lasciare la video camera su REC e tentare la sorte. Feci i primi 50 metri e poi persi l’equilibrio, spinto dalla corrente; la moto mi cadde di mano e sparì sotto ai miei piedi, sommersa. Iniziai a gridare e gli aiutanti mi raggiunsero. Sollevammo la moto, io inserii la folle, accesi nuovamente il motore, rimontai in sella e lasciai che alcune persone mi facilitassero l’impresa spingendomi da dietro, mentre io procedevo in prima e con i piedi a terra.

Il punto è il seguente: quando la moto cade, se entra acqua nella camera di combustione, possono sorgere problemi molto gravi. L’acqua è incomprimibile, perciò se si aziona il motorino di avviamento semplicemente il motore non gira. Tuttavia, è un ipotesi molto rara che entri così tanta acqua nella camera di combustione. Può entrare solo dall’aspirazione o dallo scarico. Se la moto cade in acqua accesa, allora è possibile che l’acqua venga aspirata dal filtro dell’aria, ma non possono entrare grandissime quantità d’acqua in poco tempo, quindi semplicemente la carburazione cambia, la moto si spegne e basta.

Se la moto è spenta, potrebbe anche entrare l’acqua dallo scarico, ma ciò si può verificare solo se la valvola di scarico è completamente aperta (ipotesi rara). L’acqua nello scarico uscirà quando si riaccenderà la moto.

Ad alta quota

India (Ladakh) 2016. Il punto più alto in cui ho guidato la mia moto è il Khardungla Top che con i suoi 18.380 piedi equivale a 5.602 metri sul livello del mare.

Le moto moderne hanno già un sistema di iniezione elettronica che permette di sopperire ad ogni cambio di altitudine, regolando in automatico l’afflusso di aria. Sulle moto a carburatore, invece, bisogna intervenire manualmente agendo sulla vite di getto. Ad alta quota, poiché l’ossigeno diventa più rarefatto, sarà necessario aprire maggiormente la vite per incrementare l’afflusso d’aria.

C’è anche chi “fora” il filtro dell’aria, ma è un’operazione che sconsiglio, poiché si rischia di farvi penetrare detriti e quindi di ridurre le prestazioni del motore. Tieni presente che in altitudine i consumi aumenteranno e la candela si sporcherà di più.

Tabella di marcia

Kirghizistan 2016. È bastato lasciare la statale e ritrovarsi su una strada parallela che si svolgeva fra laghi, monti e dune di sabbia.

La regola è che non esiste una regola. Ciascuno hai i suoi ritmi, le sue abitudini, le sue preferenze. C’è chi guida solo mezza giornata, e l’altra metà la dedica al turismo a piedi, e c’è chi guida dalla mattina alla sera. C’è chi preferisce mettersi in marcia con le prime luci del giorno, e c’è chi invece ama guidare nella solitudine della notte. La tua esperienza ti suggerirà qual è la distanza chilometrica giornaliera che riesci a coprire, e in base a quella puoi ipotizzare una tabella di marcia prevedendo quali tappe affrontare lungo il tuo itinerario.

Un motoviaggiatore attento ai consumi procede a una velocità media di 80-90 km/h. Se poi prevede anche qualche sosta per le fotografie, potrebbe impiegare anche due ore per coprire 100 km.
A volte è il clima a dettare un’abitudine. In Australia ricordo che faceva molto caldo e avevo preso l’abitudine di mettermi alla guida già alle 5 e mezza della mattina, quando l’aria era ancora fresca. Guidavo limitando le soste fino alle prime ore del pomeriggio, quando l’afa diventava insopportabile, e a quel punto dedicavo la seconda parte della giornata al riposo. In Siberia succedeva il contrario: montavo a mezzogiorno, perché a causa del freddo della notte riuscivo a dormire solo nelle prime ore del mattino, quando la temperatura era un po’ meno rigida. Questo succedeva anche per colpa del mio equipaggiamento da bivacco-avventura, troppo economico e inadeguato per le temperature notturne siberiane, seppur estive.

Scelta delle strade

Nepal 2016. Attraversare questo ponte non è obbligatorio, ma visto che raggiungere Muktinath era stata un’emozione intensa e breve, ho pensato di dilettarmi in questo attraversamento per puro diletto. Prima di mettere 350 kg di moto su un ponte di 400 metri, camminaci sopra e valutane la robustezza.

Non è solo una questione di filosofia di viaggio. Anche il tempo a propria disposizione, o le condizioni atmosferiche, possono influenzare la scelta delle strade.

Per navigare puoi affidarti alla cartina o al GPS, alle indicazioni di una persona sul posto o a quelle dei cartelli stradali. Ma poi saranno i fattori tempo, curiosità e sicurezza a determinare l’opzione di itinerario più idonea alle tue esigenze.

Se stai affrontando un viaggio di breve durata con tappe ben definite e hai fretta di arrivare in una determinata città entro sera, probabilmente non potrai concederti di perderti in deviazioni o fuoristrada. Meglio optare dunque per la strada principale, più rapida e ben indicata dai cartelli stradali, asfaltata e dotata di stazioni di servizio. Se invece il tuo viaggio sarà all’insegna dell’avventura e non avrai problemi di tempo, potrai prolungare l’itinerario e decidere di percorrere strade meno battute e più panoramiche per vivere una scoperta. Guidare una moto polivalente ti aiuterà ad ampliare la possibilità di scelta delle strade, non limitandoti alle sole asfaltate.

Tuttavia, quando ti allontanerai dalle strade principali, considera sempre l’eventualità di poterti perdere e, in tal caso, assicurati di quanta autonomia potrai avere sia per te (con cibo e acqua), sia per il tuo mezzo (per quanto riguarda la benzina e l’olio motore). Se deciderai di avventurarti in zone remote, è bene che tu abbia un minimo di autonomia anche per quanto riguarda la capacità di riparare la moto. È vero che di fronte alla necessità tutti riescono a ingegnarsi, ma partire senza nemmeno un kit di attrezzi per smontare un copertone potrebbe renderti difficile anche la riparazione di una foratura.

Soste benzina

Sopra: India (Ladakh) 2016. La valle di Nubra è bellissima, ma le soste benzina sono altrettanto caratteristiche. Destra: anche in Tagikistan (Pamir) 2016 ci sono benzinai senza elettricità. In entrambi questi casi pagare con carte di credito non è possibile. Porta del contate!

La sosta di rifornimento presso le stazioni di servizio è l’evento di routine che più di tutti segnerà le tue giornate in moto. Forse all’inizio queste soste obbligate potrebbero sembrarti frustranti, ma vedrai che con il tempo imparerai a fartele amiche.

Le stazioni di rifornimento sono infatti l’occasione per svolgere alcune attività di supporto al viaggio. Eccone alcune:

  • controllare la moto, pulirla, tendere e ingrassare la catena sfruttando gli appositi spazi dell’area di servizio;
  • consultare la cartina (o reimpostare il GPS) e chiedere informazioni alle persone;
  • cogliere l’occasione per entrare in contatto con la gente del luogo, interagire con loro e avere informazioni sulla regione;
  • riorganizzare i propri bagagli, cambiare abbigliamento se le condizioni meteo sono cambiate;
  • ripararsi in caso di una forte pioggia torrenziale passeggera, oppure rifocillarsi un po’ con l’aria condizionata del bar se è una giornata di caldo afoso;
  • prendersi una pausa bevendo o mangiando qualcosa presso la ristorazione dell’area di servizio;
  • sfruttare il bar della stazione di servizio per ricaricare la batteria del cellulare o – se la stazione dispone del servizio Wi-Fi gratuito – per connettersi a internet e pubblicare le foto del viaggio o mettersi in contatto con parenti, amici o i propri host di couchsurfing;
  • comprare alcuni prodotti (olio, grasso, lubrificante) o pezzi di ricambio (fusibili, ecc.) per la moto;
  • cambiare soldi al mercato nero o prelevare dai bancomat;
  • utilizzare i servizi igienici ed eventualmente fare la doccia, se presente.

Sconsiglio vivamente di dormire nelle stazioni di servizio di notte. Non illuderti per il fatto che ti troverai in un luogo illuminato. A parte il continuo e rumoroso via vai di macchine e gli odori di oli e benzine che disturberanno il tuo sonno, sarai su una piazza pubblica e non potrai mai sapere le intenzioni di chi, sostando di notte, scorgerà te e la tua moto.